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CACCIA TRAGICA
L'inspiegabile morte del capitano Thomas Mantell, prima vittima di un incontro ravvicinato tra un Mustang dell'USAF ed un UFO
di Pablo Ayo
Il caso del capitano Thomas
Mantell, il primo pilota a trovare la morte durante l'inseguimento di un
UFO, è uno dei grandi classici di questi 50 anni di ufologia.
Seppure tuttora riportato su molti libri, con il passare del tempo e
con la grande attenzione sull'incidente di Roswell, agli occhi di alcuni
ricercatori, l'episodio forse oggi non appare più nella sua tragica e
vivida luce. Il caso Mantell divenne la pietra miliare dell'ipotesi
extraterrestre (ETH) del maggiore Donald E. Keyhoe, proposta nei suoi
saggi, specialmente in "The Flying Saucers are Real" (1950) e "Flying
Saucers from Outer Space" (1953). Altri autori degli anni Cinquanta gli
fecero eco, fra questi lo stesso Edward J. Ruppelt, a capo del progetto
Blue Book tra il 1951 e il 1953, il cui "The Report on Unidentified
Flying Objects" (pubblicato nel 1956) fu il primo a basarsi su materiale
dell'aviazione rilasciato dall'ufficio stampa dell'Aeronautica
statunitense, contrariamente alla documentazione di Keyhoe ed altri.
METALLICO ED INCREDIBILMENTE GRANDE
Il 7 gennaio 1948, esattamente una settimana dopo che il Progetto "Sign"
aveva ricevuto il "via libera" dal quartier generale di Washington, tra
mezzogiorno e le 13.00, testimoni riportarono l'avvistamento di un
oggetto rotondo, bianco, di circa 75 metri di diametro, che si muoveva
ad elevata velocità nel cielo del Kentucky. Alcuni sostennero che
splendeva di un colore rossastro, altri che aveva la forma di un cono
gelato. Qualsiasi cosa fosse, la polizia fece il primo rapporto alle
13.15 alla torre di controllo di Godman Field, fuori da Louisville,
Kentucky. Alle 13.45 personale della base avvistò l'oggetto con i
binocoli, ma nessuno fu in grado di determinarne né la distanza dalla
torre, né la sua velocità o misura, sebbene fosse rimasto visibile per
circa due ore, per sparire poi lentamente alla vista. In quel momento,
una formazione di quattro caccia F-51 guidata dal capitano Thomas
Mantell, della guardia nazionale del Kentucky, era impegnata in una
missione di trasporto da Marietta, Georgia, al campo d'aviazione
Standiford, nei pressi di Godman. La torre di controllo di Godman
contattò via radio Mantell, chiedendogli di cambiare direzione e tentare
l'identificazione dell'intruso. Mantell obbedì prontamente e non tardò
ad avvistare l'UFO. Non ci è dato sapere se qualcuno dei suoi piloti
vide la stessa cosa. Quello che è assolutamente certo è che fu
inquadrato sia dal personale di terra che da quello della torre. Dubbi
sussistono anche in merito alle parole esatte usate nei messaggi radio
trasmessi da Mantell alla torre. Pare che Mantell abbia detto: "Sembra
metallico e di dimensioni spaventose!", frase che evocherebbe l'immagine
di una possibile astronave aliena. Ad ogni modo, Mantell continuò a
seguire l'UFO, disse che lo aveva avvistato ma che non lo identificava,
così decise di dargli un'occhiata più da vicino. Testimoni affermarono
di avergli sentito dire che non sarebbe andato oltre i 20.000 metri, per
non compromettere la propria riserva di ossigeno. Fu l'ultima volta che
sentirono la sua voce. Subito dopo arrivò la notizia della caduta
dell'aereo di Mantell e della sua morte. Il velivolo schiantato venne
trovato nei pressi di una fattoria di Franklin, nel Kentucky, vicino al
confine con il Tennessee.
"NON SO COSA FOSSE"
A questo punto, con la perdita di una vita, gli UFO andavano presi
seriamente e quelli che volevano ignorarne l'esistenza furono obbligati a
ripensarci. Due articoli apparvero sul "Louisville Courier-Journal" e
sul "Louisville Times" dell'8 gennaio. Gli investigatori
dell'Aeronautica si sentirono in obbligo di tirare fuori una qualche
risposta al problema. Un astronomo, il dottor Walter Lee Moore
dell'Università di Louisville, notò che il pianeta Venere occupava nel
cielo circa la stessa posizione dell'oggetto visto dagli ufficiali di
Godman e suggerì che l'UFO fosse il pianeta, aggiungendo ironicamente:
"Se hanno intenzione di inseguire Venere, ne hanno di strada da fare".
Dal canto suo, l'Aeronautica militare si espresse con la spiegazione più
plausibile: doveva essere Venere, anche se troppo vicina al Sole e
scarsamente visibile. Il "New York Times" invece non menzionava Venere,
ma citava l'opinione di astronomi dell'università Vanderbilt, nel
Tennessee, che avevano monitorato un oggetto da loro ritenuto un pallone
aerostatico. Ma l'ufficio meteorologico di Nashville negò la presenza
di palloni in quella zona. Il colonnello della base, Guy F. Hix e altri
ufficiali di Godman videro l'oggetto attraverso i binocoli. Hix disse:
"Pensavo che fosse un corpo celeste, ma non so dire se si muoveva o no. È
solo che non so cosa fosse".
HYNEK, VENERE E I PALLONI AEROSTATICI
Ufficialmente, dunque, Mantell era svenuto a causa della mancanza di
ossigeno (Anossemia) a 20.000 piedi e il suo F-51 si era schiantato
senza controllo. Gli articoli sul caso, firmati da un certo Shalett,
erano scritti con la cooperazione dell'Aeronautica militare e tendevano a
mettere fuori gioco gli UFO. L'ronia di tutto questo era che quasi
simultaneamente l'ufficio stampa dell'aviazione rilasciò delle
dichiarazioni sulle investigazioni UFO secondo le quali "nonostante
l'oggetto avvistato da Mantell fosse stato identificato con il pianeta
Venere, l'elevazione e l'azimuth del pianeta non coincidevano con quelle
rilevate, quindi l'oggetto era considerato ancora non identificato".
Keyhoe seguì la linea opposta, sostenendo l'ipotesi dell'astronave e
smontando tutte le alternative una dopo l'altra. Credeva anche che
l'aeronautica fosse in possesso di una registrazione e che non volesse
divulgarla. Sentì anche parlare di foto, ma l'aeronautica ne negò
l'esistenza. Quando l'articolo di Keyhoe andò in stampa, l'aeronautica
militare aveva rilasciato un'altra dichiarazione (30 dicembre 1949), in
cui si affermava che l'oggetto di Mantell era stato infine identificato.
Secondo loro, gli avvistamenti erano dovuti a una combinazione tra
Venere e forse uno o più palloni aerostatici per i raggi cosmici. La
confusione sul caso fu aumentata dal fatto che l'aeronautica incluse nei
suoi rapporti un altro gruppo di avvistamenti avvenuti lo stesso
giorno, il 7 gennaio (riportati anche dal New York Times), in cui si
diceva che numerose basi dell'aviazione nel Midwest avvistarono quel
pomeriggio un UFO a bassa quota che si muoveva con un'andatura
irregolare ed emetteva lampi di luce. I ricercatori UFO dissero che si
poteva trattare dello stesso oggetto visto da Mantell, ma l'aviazione
ribadiva che, anche se l'oggetto del caso Mantell poteva non essere
Venere, quello avvistato durante il pomeriggio lo era di sicuro. Il
dottor J. Allen Hynek, nel dicembre 1949, scrisse un resoconto sul caso
Mantell ammettendone, successivamente, il suo carattere fuorviante e di
ciò fece ammenda. Sfortunatamente il danno era stato fatto e i dubbi
rimanevano. Hynek, che in quel periodo non si era ancora occupato di UFO
quale fenomeno di possibile origine extraterrestre, si disse
interessato solo al lato astronomico della faccenda (per esempio,
Venere) e che non gli interessava sondare altre ipotesi. Confessò che
una volta analizzata la possibilità che la luce avvistata da Mantell
fosse Venere, era arrivato a concludere che quel giorno la sua magnitudo
era troppo fioca e inoltre troppo vicina al Sole per essere visibile
alla luce del giorno.
FINTI SOLI E MIRAGGI DI GIOVE
Alcuni scrittori UFO hanno offerto altre possibili soluzioni nel corso
degli anni, in ragione della rispettiva conoscenza dei fatti. Il dottor
Donald Menzel, nel suo primo libro "Flying Saucers" (1953) suggerì che
Mantell stesse inseguendo un miraggio, conosciuto come "finto Sole"
(lasciando cadere l'idea in entrambi i suoi libri successivi). Il
tenente colonnello Lawrence J. Tacker, nel suo lavoro semi ufficiale
"Flying Saucers and the USAF" (1960) espresse entrambe le ipotesi, prima
dicendo che l'oggetto era un pallone, quindi rispolverando la teoria
del "finto Sole" di Menzel come alternativa. Più recentemente, lo
scettico inglese Stewart Campbell ha dato un nuovo punto di vista: un
miraggio di Giove, appoggiato dall'opinione di Philip Klass del CSICOP,
negatore d'ufficio dei nostri giorni. Tutte queste spiegazioni, pur
nella loro eccessiva eccentricità, vengono ancora oggi sostenute dai
"debunkers" di tutto il mondo, per i quali il caso Mantell rappresenta
una dolorosa spina nel fianco.
ERA UN PILOTA MOLTO ESPERTO
Costoro non esitano a tacciare Mantell di inesperienza o a ridurne la
figura professionale a quella di un emerito cretino che si è arrischiato
troppo, suicidandosi. In realtà Thomas Mantell poteva vantare
un'esperienza di oltre tremila ore di volo, molte delle quali nei teatri
di guerra del secondo conflitto mondiale, meritandosi una medaglia al
valor militare. È difficile sostenere che in quel pomeriggio del 7
gennaio si sia comportato da principiante, trascurando la mancanza
d'ossigeno ed attratto da un obiettivo da raggiungere ad ogni costo. È
altresì impensabile che non abbia saputo distinguere la luce di un
pianeta o di un pallone sonda, per quanto di dimensioni diverse da
quelle di un aeromobile sconosciuto. Se così fosse stato, è inspiegabile
il fatto di non essere riuscito a raggiungerlo, data la limitata
velocità di un globo aerostatico. Inoltre, stando ai messaggi del
pilota, l'oggetto era metallico, enorme e capace di velocità variabile,
in grado quindi di eludere un'intercettazione. I documenti relativi
all'incidente sono tuttora classificati, soprattutto quelli riguardanti
l'esame necroscopico del cadavere di Mantell e la perizia sui rottami
del velivolo.
LA TESTIMONIANZA DI DUESSLER
Di recente è emersa una testimonianza che potrebbe confermare l'ipotesi
UFO, quella di James Duessler, un ex militare che all'epoca
dell'incidente prestava servizio presso Godman Field con il grado di
capitano. Duessler afferma apertamente che in cielo vi era un oggetto di
aspetto metallico, dai riflessi bianchi e scintillanti, rimasto sul
posto per oltre quattro ore, tranne 15 o 20 minuti in cui fu oscurato
dalle nubi.
Duessler afferma che non si trattava certamente di Venere. Salito sulla
torre di controllo poté infatti distinguere un oggetto sigariforme
caratterizzato da una luminosità arancione. Lo stesso Duessler,
impegnato nell'ufficio inchieste sugli incidenti aerei, fu inviato sul
luogo del disastro, mentre la perizia tecnica rilevò altre incongruenze.
"Quando giunsi sul posto - spiega Duessler - alcuni ufficiali
incaricati erano già lì. La salma del pilota era stata prontamente
portata via, ma uno degli ufficiali mi disse che il suo corpo,
inspiegabilmente, non presentava né sangue né ossa, ridotto ad una
poltiglia informe. Inoltre l'aereo sembrava non essere precipitato, ma
calato perpendicolarmente al terreno con il ventre verso il basso. Non
c'era alcun indizio di angolazioni nel precipitare. Inoltre il velivolo
venne ritrovato nei pressi di una radura, nell'unico spiazzo
disponibile, non abbastanza grande per poter atterrare in quel modo,
eppure, per quanto ricordi, neppure un ramoscello risultava spezzato. Il
Mustang non presentava tracce di incendio e questo era altrettanto
inspiegabile. Non avevo mai visto prima, ne ho più visto
successivamente, un crash come quello".
La testimonianza di Duessler contraddice i rapporti ufficiali dall'"Air
Force" ed è fondamentale per confermare che qualcosa di realmente
anomalo avvenne il 7 gennaio 1948 nei cieli della base di Godman. Alcuni
dicono che Mantell ebbe un incidente causato forse dal fatto di essersi
avvicinato troppo al campo magnetico di un UFO. Lo stesso capitano F.
Ruppelt, nel trattare il caso per il "Project Blue Book" nel 1956,
scrisse: "se si rinuncia all'ipotesi Skyhook (un tipo di pallone sonda,
N.d.R.), ci resta l'immagine di un UFO di dimensioni colossali". Proprio
a 14 giorni di distanza dalla morte di Mantell, l'aeronautica varò il
"Project Saucer", un programma di copertura del più "importante Project
Sign" orientato a stabilire che gli UFO erano navicelle di origine
extraterrestre.
Fonte: Notiziario UFO - n. 21 (Ottobre 1998)
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